Risarcimento del danno per ingiusta detenzione

Risarcimento del danno per ingiusta detenzione

Secondo l´ormai costante giurisprudenza di cassazione, il risarcimento per ingiusta detenzione ha natura indennitaria, e non risarcitoria, radicando il proprio fondamento in una attività statale lecita, quale è l´esercizio della carcerazione preventiva: "Deve, inoltre, condividersi l´inquadramento giuridico dell´istituto e le conseguenze che da esso derivano: strumento indennitario da atto lecito e non già risarcitorio, diretto a compensare solo le ricadute sfavorevoli, patrimoniali e non procurate dalla privazione della libertà, attraverso un sistema di chiusura con il quale l´ordinamento riconosce un ristoro per la libertà ingiustamente, ma senza colpe, compressa, correlando, perciò, la quantificazione dell´indennizzo alla sola durata ed intensità della privazione della libertà, salvo gli aggiustamenti resi necessari dall´evidenziazione di profili di pregiudizio più vasti ed esuberanti rispetto al "fisiologico" danno da privazione della libertà (cfr. Sez. 4^, n. 129 del 31/1/1994, Rv. 196974 e n. 1911 del 22/11/1994, Rv 200002)" (Cass. Pen. sent. 1.4.2014 n. 21077).

I presupposti per il riconoscimento dell´indennizzo statale da ingiusta detenzione trovano riscontro normativo nell´art. 314 c.p.p. e si suddividono fra circostanze di natura sostanziale - ovvero nelle ipotesi di proscioglimento dell´imputato con formula piena - e quelle di natura formale - ossia assenza di presupposti per l´emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale.

Secondo l´interpretazione estensiva della Suprema Corte, la sussistenza dei predetti presupposti normativi deve essere valutata non solo ex ante al momento dell´adozione del provvedimento, ma anche ex post in aderenza alle finalità solidaristiche dell´istituto in questione: "Occorre, poi, ricordare i reiterati interventi della Corte Costituzionale ampliativi dei casi di applicazione dell´istituto, giustificati dal fondamento squisitamente solidaristico di esso. Il concetto è stato espresso con particolare evidenza nella sentenza 16 dicembre 1997, n. 446 della Consulta, nella quale si è precisato che "in presenza di una lesione della libertà personale rivelatasi comunque ingiusta con accertamento ex post, la legge, in considerazione della qualità del bene offeso, ha riguardo unicamente alla oggettività della lesione stessa".

E´ vero che l´ipotesi principale oggetto della norma è quella dell´accertamento, con valutazione ex ante, della insussistenza originaria delle condizioni ex artt. 273 e 280 c.p.p. per l´adozione o il mantenimento della misura custodiate, ma tale norma ha trovato applicazione estensiva (le cui premesse si rinvengono già nella sentenza Sez. U n.20 del 12/10/1993, Durante) in numerose pronunce della Corte di legittimità, tra le quali meritano qui menzione Sez. 4, n. 43458 del 15/10/2013, Taliento, Rv. 257194 e Sez. 4, n.23896 del 9/04/2008, Greco, Rv. 240333, relative all´ipotesi di misura cautelare applicata in difetto di condizione di procedibilità, la cui necessità sia stata accertata solo all´esito del giudizio di merito.

In altre pronunce, questa Sezione (Sez.4 n.13559 del 2/12/2011, dep. 2012, Borselli, Rv.253319; Sez. 4, n. 21342 del 19/04/201 l,Calabrese, Rv. 250474; Sez. 4, n.36907 del 5/06/2007, Rv. 237317) si è espressa in merito al riconoscimento del diritto all´indennizzo anche in caso di derubricazione, avvenuta in sede di merito per effetto di elementi emersi soltanto nell´istruzione dibattimentale, del reato contestato in altro per il quale non era consentita, in ragione della pena edittale, l´adozione di misura custodiale, ritenendo le Sezioni Unite che, in ipotesi analoghe, non vi fossero ragioni per differenziare la disciplina dell´ingiustizia sostanziale dalla cosiddetta ingiustizia formale desunta in concreto solo ex post a seguito dell´acquisizione di un materiale diverso e arricchito rispetto a quello conosciuto dal Giudice per le indagini preliminari" (Cass. Pen. sent. 18.1.2016 n. 1859).

Con riferimento al quantum indennitario, la giurisprudenza ha elaborato un criterio aritmetico finalizzato ad arginare l´arbitrarietà del giudicante nella liquidazione del danno uniformando così i diversi giudizi, riconoscendo tuttavia in particolari casi concreti la possibilità di discostarsene e procedere ad una liquidazione in via equitativa maggiormente aderente alle circostanze del caso concreto (Cass. Pen. sent. 9.5.2016 n. 19204).

20 Luglio 2016