La parcellizzazione giudiziale dell´adempimento del credito: la Cassazione sul punto

La parcellizzazione giudiziale dell´adempimento del credito: la Cassazione sul punto

Secondo costante giurisprudenza, la parcellizzazione giudiziale dell´adempimento del credito costituisce una condotta abusiva del processo e, come tale vietata.

Agire in separate sedi per l´adempimento rispettivamente parziale di un´unica obbligazione si pone, infatti, in contrasto con i generali principi di giusto processo, corretteza e buona fede che permeano l´ordinamento giuridico (artt. 2 e 111 Cost.).

Con una recente pronuncia, la Suprema Corte di Cassazione ha tuttavia fatto chiarezza sul punto, distinguendo le ipotesi di condotte abusive, da quelle in cui la diversificazione delle iniziative giudiziali si giustifica alla luce dei diversi requisiti giuridici del credito azionato.

Sulla scorta del costante orientamento secondo cui "non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l´esecuzione del contratto ma anche nell´eventuale fase dell´azione giudiziale per ottenere l´adempimento, sia con il principio costituzionale del "giusto processo", traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l´ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale (Sez. U, Sentenza n. 23726 del 15/11/2007, Rv. 599316)", con al pronuncia in esame, gli ermellini hanno affrontato ancora una volta l´annoso tema dell´abuso del processo: "si ha abuso del processo quando vi è un uso improprio dello strumento processuale e - quindi - degli atti che costituiscono la serie procedimentale. L´abuso del processo consiste nello sviamento dalla causa tipica, dalla finalità propria, dell´atto processuale e si verifica quando la parte pone in essere un atto processuale non per perseguire lo scopo proprio dell´atto (ossia quello per il quale l´atto è funzionalmente previsto dalla legge), ma per perseguire uno scopo - e quindi un interesse - estraneo allo scopo tipico dell´atto, dando luogo - per questo - ad una violazione dei doveri di correttezza e di buona fede, che è tenuta ad osservare. L´abuso del processo implica, perciò, un abuso delle posizioni giuridiche riconosciute alle parti e, quindi, dei poteri processuali ad esse attribuiti: si ha abuso del processo quando le parti utilizzano i poteri processuali ad esse riconosciuti dalla legge per perseguire scopi e interessi diversi da quelli per i quali i poteri sono stati loro attribuiti, violando così i principi di correttezza e di buona fede" (Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-11-2016, n. 22574).

Alla luce delle argomentazioni sopra riportate, la Suprema Corte ha infine inteso aderire a quell´orientamento che esclude la sussistenza di condotte abusive allorquando la parcellizzazione delle pretese giudiziarie sia giustificata dalla differenza delle pretese fatte valere: "è legittimo che il creditore utilizzi la via più breve (il procedimento monitorio) per riscuotere la parte del credito già liquida e si riservi di agire successivamente per l´accertamento e la liquidazione della parte variabile del suo preteso credito. Essendo diversa la natura delle pretese fatte valere nei separati procedimenti (nell´uno un credito già liquido, nell´altro un credito da liquidare), non solo - diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di territoriale - non v´è pericolo di formazione di giudicati contraddittori, ma neppure è ipotizzabile un ingiusto aggravio per la posizione del debitore. Al contrario, sarebbe il creditore a subire un ingiusto pregiudizio ove gli venisse preclusa la possibilità di avvalersi del procedimento più spedito (quello d´ingiunzione) per la parte di credito già liquida; ove, per ottenere un titolo esecutivo relativo a tale parte di credito, fosse costretto ad attendere i tempi più lunghi di un procedimento ordinario, sia pure sub specie di procedimento sommario di cognizione" (Cass. Civ. sent. cit.).

13 Febbraio 2017