Configurabilità del reato ex art. 388 c.p.

Configurabilità del reato ex art. 388 c.p.

La configurabilità del reato ex art. 388 c.p. deve essere valutata in ragione dell´interesse che tale disposizione è volta a tutelare, ovvero avuto riguardo all´interesse del figlio a conservare validi rapporti affettivi con entrambi i genitori.

E´ quanto precisato da una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione in relazione all´interpretazione da accordarsi alla norma di cui all´art. 388 c.p.:"Va premesso che, ai fini della configurabilità del delitto previsto dall´art. 388 c.p., l´espressione "elude", utilizzata dalla norma ora ricordata, ricomprende ogni tipologia di comportamento posto in essere per non dare esecuzione a un provvedimento del giudice e che, pertanto, il reato si consuma con la realizzazione di qualunque condotta diretta ad impedire o ad ostacolare l´esecuzione degli obblighi imposti con il detto provvedimento; con la conseguenza che commette il reato il coniuge che, contro l´ordine del giudice, rifiuti di consegnare il figlio all´altro coniuge o comunque lo ritenga (Sez. 2^, 27 febbraio 1975, Balzella; Sez. 3^, 14 dicembre 1978, Mantovani; Sez. 3^, 4 giugno 1980, Guidi; Sez. 6^, 9 gennaio 2004, Bonacchi). Cosicchè, una volta intervenuto, in pendenza del giudizio di separazione tra coniugi, un provvedimento del giudice avente efficacia esecutiva, in tema di affidamento dei figli minori, commette il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice il coniuge che, senza un plausibile e giustificato motivo, opponga un rifiuto alla richiesta diretta - verbale o scritta - dell´altro coniuge di avere l´affidamento del figlio, nei limiti stabiliti dal predetto provvedimento (Sez. 1^, 20 gennaio 1978, Righi). Dunque, ai fini della sussistenza del reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice concernente l´affidamento dei minori, il termine "elude" non postula necessariamente un contegno contrassegnato dall´uso di scaltrezza o da una subdola manifestazione dell´intento. Pure se la condotta non può essere contrassegnata, con inevitabili riverberi sull´elemento soggettivo, se non da un profilo finalistico, altrimenti dovendosi addebitare al testo della norma un´ ambiguità semantica che davvero è impossibile intravedere.

Sempre in tale contesto ermeneutico va intesa la linea interpretativa secondo cui l´inazione dell´obbligato può assumere rilievo, ogni volta che l´esecuzione del provvedimento del giudice richieda la sua collaborazione. Questa Corte ha, perciò, ritenuto la responsabilità del coniuge separato affidatario del figlio minore che non aveva dato seguito alle richieste dell´altro genitore di poter esercitare il diritto di visita del figlio, accordato dal provvedimento del giudice (cfr., ex plurimis, Sez. 6^, 18 novembre 1999, Baragiani).

Circa l´esistenza di un plausibile e giustificato motivo che possa scriminare il rifiuto di dare esecuzione al provvedimento dei giudice civile, si è costantemente ritenuto che un simile motivo, se anche non deve configurare l´esimente dello stato di necessità, è idoneo a costituire valida causa di esclusione della colpevolezza solo quando sia stato determinato dalla volontà di esercitare il diritto- dovere di tutela dell´interesse del minore, in una concreta nuova situazione sopravvenuta che non abbia potuto, per il momento del suo avverarsi o per il suo carattere meramente transitorio, essere devoluta al giudice per l´opportuna, eventuale modifica del provvedimento; la conseguenza è, dunque nel senso - anche qui sintomatico dell´assenza di ogni ambiguità semantica nell´espressione "elude" intesa nella sua proiezione tanto oggettiva tanto soggettiva - che non integra gli estremi del motivo plausibile e giustificato una valutazione soggettiva di situazioni preesistenti al provvedimento, note, dedotte o deducibili davanti al giudice che, secondo l´apprezzamento della parte, possano indicare l´inopportunità di dare esecuzione al provvedimento stesso, perchè ciò sta ad indicare proprio un dissenso rispetto alla valutazione compiuta dal giudice e, quindi, la volontà determinata di eludere l´esecuzione del provvedimento (Sez. 1^, 20 gennaio 1978, Righi; Sez. 6^, 2 dicembre 1985, Altieri).

In sintesi, il plausibile motivo in grado di escludere la responsabilità per il rifiuto di dare esecuzione ad un provvedimento del giudice concernente l´affidamento dei figli minori deve essere sopravvenuto e deve essere tale, per il suo carattere transitorio, da non consentire la devoluzione al giudice civile per l´eventuale modifica (Sez. 6^, 24 febbraio 1996, Santangelo).

Più di recente si è statuito che la valutazione del contenuto del provvedimento e degli obblighi che ne derivano sui destinatari deve essere compiuta non in termini grettamente letterali, ma alla luce dell´interesse dei minori che ne costituisce la ragion d´essere;

quindi, sebbene debbano essere osservati gli orari fissati dal giudice per la consegna di un minore da un genitore all´altro, non sono giustificati nè il rifiuto dell´uno a rimettere all´altro il figlio solo per la scadenza dell´ora indicata, nè il sistematico immediato allontanamento del medesimo dal luogo fissato al momento di quella scadenza, equivalendo tale comportamento alla sostanziale lesione dell´interesse del figlio a conservare validi rapporti affettivi con entrambi i genitori (Sez. 6^, 13 luglio 1990, Danzica)" (Cass. Pen. 8.2.2005 n. 4439).