Con una recente ordinanza (Ord. 2.4.2014 n. 77), il Giudice delle Leggi è tornato sulla questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell´art. 1385 c.c. «nella parte in cui non dispone che - nelle ipotesi in cui la parte che ha dato la caparra e´ inadempiente, l´altra puo´ recedere dal contratto, ritenendo la caparra e nella ipotesi in cui, se inadempiente e´ invece la parte che l´ha ricevuta, l´altra puo´ recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra - il giudice possa equamente ridurre la somma da ritenere o il doppio da restituire, in ipotesi di manifesta sproporzione o ove sussistano giustificati motivi».
La questione è stata dichiarata inammissible dalla Corte Costituzionale, la quale ha precisato come ai sensi dell´art. 1385 c.c. non operi alcun automatismo di attribuzione della caparra a favore del contraente rimasto adempiente, anche laddove sussista un´evidente sproporzione, posto che il regolamento contrattuale è costantemente integrato dalle norme di legge che fungono da naturale contrappeso all´assetto di interessi disposto dalle parti.
Il richiamo operato dalla Corte è quello alla buona fede contrattuale di cui all´art. 1375 c.c. che, a sua volta, costituisce espressione del principio solidaristico di cui all´art. 2 Cost.
In ipotesi di evidente sproporzione, continua la Corte, potrà essere rilevata ex officio dal Giudice la nullità ex art. 1418 c.c. della clausola contrattuale contenente la previsione della caparra confirmatoria per contrasto con l´art. 2 Cost.
Tale pronuncia riprende pedissequamente una recente ordinanza del Giudice delle Leggi (ord. 248/2013) sulla medesima questione.