No al risarcimento se la pallonata è connessa al gioco

No al risarcimento se la pallonata è connessa al gioco

Con una recente pronuncia la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una richiesta risarcitoria avanzata da una professoressa dopo aver ricevuto una violenta pallonata al volto durante la lezione di ginnastica dalla stessa svolta.

Nel caso di specie, la Cassazione ha escluso la risarcibilità del danno in ragione dell´esclusione del carattere illecito dell´azione posta in essere dal ragazzo che ha calciato il pallone.

In particolare, gli ermellini hanno richiamato la giurisprudenza formatasi con riferimento ai danni cagionati da un atleta ad un altro atleta durante una gara sportiva.

Con il provvedimento in esame si è così posta l´attenzione sul nesso intercorrente fra la pallonata e l´attività sportiva effettivamente svolta al momento dell´accaduto per evidenziare come la pallonata in questione sia stata sferrata senza alcuna volontà di ledere, bensì nell´ambito del gioco svolto dagli alunni, anche se in violazione delle regole del gioco dal momento che trattavasi di una partita a pallavolo.

Sulla scorta dei suesposti principi giurisprudenziali è conseguito il rigetto della domanda risarcitoria avamzata: "la sentenza impugnata deve essere confermata nella parte in cui esclude la responsabilità ex art. 2048 c.c. a carico dei convenuti.

Occorre infatti ricordare che la norma non configura un´ipotesi responsabilità oggettiva nè per gli allievi nè per i precettori, ma richiede che il danno sia conseguenza del fatto illecito di uno studente, ed ulteriormente richiede che la scuola non abbia predisposto le misure atte a consentire che l´insegnante sotto la cui guida il gioco si svolge sia stato in grado di evitare il fatto.

Condizioni di applicabilità della norma che si traducono in un fatto costitutivo, l´illecito, che va provato dal danneggiato, e in un fatto impeditivo, il non averlo potuto evitare, che va provato dalla scuola (Cass. civ. Sez. 3, 14/10/2003, n. 15321).

Nel caso, rileva il dato che l´azione dannosa si è consumata nel corso di una gara sportiva, sia pure connotata da prevalenti aspetti ginnici, anzichè agonistici.

Si può quindi fare riferimento ai principi elaborati in tema di responsabilità per i danni causati da un atleta ad altro atleta impegnato nel corso di una gara sportiva.

Al riguardo, si è affermato che il criterio per distinguere tra comportamento lecito e quello punibile va individuato nel collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo. Tale collegamento va senz´altro escluso se l´atto è compiuto allo scopo di ledere o con violenza incompatibile con le caratteristiche del gioco e, in tal caso, la condotta è sempre punibile anche se in ipotesi non avesse violato regole dell´attività sportiva svolta. Viceversa, la responsabilità non sussiste se, come nel caso in esame, le lesioni sono la conseguenza di un atto posto senza la volontà di ledete e se, pur in presenza di violazione delle regole di gioco, l´atto è a questo funzionalmente connesso (Cass. n. 12012/2002).

Ebbene, le sopra ricostruite modalità di verificazione del sinistro - calcio al pallone con cui si disputava la partita di pallavolo, presumibilmente per rimettere la palla in campo - depongono per la mancanza di una finalità di ledere in capo all´alunno e per l´esistenza di collegamento funzionale tra l´azione di questi e il gioco in atto, pur se con violazione delle regole del gioco stesso, che non ammette lanci con i piedi" (Cass. Civ. sent. 26.1.2016 n. 1322).

6 Aprile 2016