Accordi fra i coniugi anteriori, contemporanei o successivi a separazione e divorzio

Accordi fra i coniugi anteriori, contemporanei o successivi a separazione e divorzio

Spesso nell´ambito del procedimento di separazione o divorzio, gli accordi oggetto di omologazione non esauriscono il panorama degli accordi effettivamente intercorsi fra gli ex coniugi.

Nella prassi giurisprudenziale accade, infatti, frequentemente che a latere del verbale di separazione omologato vengano stipulati accordi di vario tipo fra i coniugi, sia prima, che contestualmente, che successivamente all´omologa.

Un primo e più risalente orientamento giurisprudenziale sul punto escludeva piena efficacia giuridica ai suddetti patti, ritenendo necessario l´intervento del Giudice attraverso l´omologazione dell´accordo in ragione dell´inidisponibilità da parte dei coniugi del loro status: "Dapprima si affermava che tutti i patti intercorsi tra i coniugi, in vista della separazione, anteriori, coevi o successivi, indipendentemente dal loro contenuto, dovevano essere sottoposti al controllo del giudice che, con il suo decreto di omologa, conferiva ad essi valore ed efficacia giuridica (..) Al contrario, la giurisprudenza di questa Corte è rimasta, per lungo tempo, tradizionalmente orientata a ritenere gli accordi assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perchè in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (tra le altre Cass. n. 6857/1992)" (Cass. Civ. sent. 3.12.2015 n. 24621).

La giurisprudenza più recente, da ultimo rappresentata dalla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione sopra citata, ha tuttavia chiarito come tali accordi non possano di per sè ritenersi nulli per contrarietà all´ordine pubblico: la libertà negoziale delle parti deve essere salvaguardata, in particolar modo laddove l´accordo assunto a latere del verbale omologato contenga un miglioramento degli assetti concordati davanti al Giudice.

Secondo la sentenza da ultimo citata della Cassazione, infatti: "Giurisprudenza più recente ha sostenuto che tali accordi non sarebbero di per sè contrari all´ordine pubblico.

Come si è detto, l´accordo delle parti in sede di separazione o di divorzio (e magari quale oggetto di precisazioni comuni in un procedimento originariamente contenzioso) ha natura sicuramente negoziale, e talora da vita ad un vero e proprio contratto (Cass. n. 18066/2014; Cass. n. 19304/2013; Cass. n. 23713/2012). Ma, anche se esso non si configurasse come contratto, all´accordo stesso sarebbero sicuramente applicabili alcuni principi generali dell´ordinamento come quelli attinenti alla nullità dell´atto o alla capacità delle parti, ma pure alcuni più specifici (ad es. relativi ai vizi di volontà).

La corte territoriale, facendo proprio un principio applicabile però alla ipotesi di separazione consensuale (Cass. 9 aprile 2008 n. 9174), ha dunque errato nel ritenere che le parti non potessero validamente regolamentare interessi di carattere patrimoniale ai margini del giudizio di separazione, pendente appunto in grado di appello e proprio in relazione alla composizione del relativo contrasto; e che quindi fosse privo di effetti l´accordo transattivo raggiunto nel corso del giudizio stesso, abbandonato a seguito di questo" (Cass. Civ. sent. 3.12.2015 n. 24621).

21 Dicembre 2015