I nonni sono tenuti, in sostituzione dei genitori, a versare l’assegno alimentare per i nipoti?

I nonni sono tenuti, in sostituzione dei genitori, a versare l’assegno alimentare per i nipoti?

Sul punto è utile porre l’attenzione su di un recente e significativo decreto datato 15.6.2017 ed emesso dal Dott. Domenico Pellegrini, Giudice presso il Tribunale Civile di Genova.

Come ripetutamente ritenuto dalla Corte di Cassazione (Cass. Sez 1, sentenza n. 342 del 23.3.1995; Cass. Sez 1, sentenza n. 20509 del 30.9.2010), con un indirizzo costante nel tempo, "l´obbligo di mantenimento dei figli minori, siano essi legittimi o naturali, spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l´altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l´inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui; pertanto l´obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli - che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori ¬va inteso non solo nel senso che l´obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primario, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l´altro genitore è in grado di mantenerli" "cosi come il diritto agli alimenti ex art.433 cod. civ., legato alla prova dello stato di bisogno e dell´impossibilità di reperire attività lavorativa, sorge solo qualora i genitori non siano in grado di adempiere al loro diretto e personale obbligo".

Osserva invero la Suprema Corte che l´art. 148 c.c., è incardinato nel capo IV ("Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio") del titolo VI ("Del matrimonio") del libro I del c.c. che disciplina il diritto di famiglia: l´articolo che lo precede - il 147 - ha per oggetto i "doveri verso i figli" e si apre con l´affermazione che "il matrimonio impone ad ambedue i coniugi" l´obbligo di mantenerli, mentre nel 148 si disciplina il "concorso negli oneri" relativi a tale obbligo e i mezzi particolari che l´ordinamento offre per il loro più sicuro e sollecito soddisfacimento.

Dalla collocazione, dalle rubriche, dalla sequenza, dal tenore di tali norme si evince chiaramente che l´obbligo del mantenimento dei minori spetta primariamente e integralmente ai lori genitori e in, in logica corrispondenza al loro diritto, egualmente primario ed esclusivo, di indirizzarne l´educazione valorizzandone le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni.

La Corte richiama in proposito anche l´art. 30 della Costituzione, che così recita "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli...".

Deriva, da questa concezione dei genitori come responsabili primari ed esclusivi del mantenimento di chi hanno messo al mondo, il carattere della solidarietà che li lega nell´adempimento di tale dovere, sicché, se, per una qualsiasi ragione, uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l´altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro.

Solo nei rapporti interni tra i coniugi, chi dei due ha soddisfatto per intero tale obbligazione potrà pretendere dall´altro un contributo proporzionale alle rispettive condizioni economiche globali (Salva, ovviamente, la possibilità di convenirlo in giudizio per far valere direttamente nei suoi confronti tutti i diritti dei figli, qualora l´inadempimento dipenda da cattiva volontà anziché da impossibilità).

Evidenzia quindi la Corte che da tale impostazione discende che l´espressione "Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti... "(usata dal legislatore nella 2 parte del 1 comma dell’art. 148 per riconnettervi l´obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli) va intesa non solo nel senso che l´obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l´altro genitore è, nonostante ciò, in grado di mantenerli e, perciò stesso, ha il dovere, primario, di farlo.

Nè può avere alcuna importanza che il genitore inadempiente sia proprio il figlio (o, comunque, il discendente) degli ascendenti escussi: questi ultimi, infatti, non sono affatto i fideiussori delle obbligazioni che con il matrimonio o con la filiazione i loro discendenti assumono.

E ciò perché la solidarietà familiare, nel nostro ordinamento, comporta solo l´obbligo del mantenimento o degli alimenti, ma non mai una responsabilità patrimoniale sussidiaria di carattere generale per i debiti dei propri discendenti.

L´obbligazione posta a carico degli ascendenti dall´art. 148 deve essere, quindi, considerata come assolutamente eccezionale, e consentita, peraltro, non già a tutela del coniuge del proprio discendente, bensì soltanto a favore dei suoi figli.

Conclude quindi la Corte che tutto ciò rafforza il convincimento che l´espressione legislativa "de qua" ("Quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti...") debba essere intesa nel senso meno oneroso per gli ascendenti e, quindi non solo con evidente esclusione del caso che i genitori si sottraggano, pur avendone i mezzi, all´obbligo di mantenere i figli, ma anche nel senso che nessuno dei due abbia i mezzi necessari.
Pertanto, la possibilità spettante al coniuge, - che faccia fronte per intero ¬avendone i mezzi - all´obbligo del mantenimento dei figli -, di chiamare anche l´altro a concorrervi, non può essere estesa anche nei confronti degli ascendenti, i quali hanno il diritto di considerarsi indifferenti al regolamento dei rapporti interni tra il loro discendente e il suo coniuge.
Alla luce di tali principi di diritto va quindi ritenuto che, prima di dichiarare i nonni tenuti a concorrere al mantenimento dei nipoti, si debbano valutare le condizioni economiche dei genitori dei minori (per rispondere al quesito se essi siano da soli in grado di mantenere i figli). In particolare va verificato, sulla base delle entrate, della condizione di vita complessiva, delle disponibilità patrimoniali oltre che reddituali, se le risorse disponibili per i figli siano tali da non dover compromettere ne´ la salute ne´ l´istruzione e mantenere uno stile di vita dignitoso.

Va poi evidenziato che l´insufficienza dei mezzi, di cui i genitori dispongano per mantenere i figli e alla quale fa riferimento l´art. 148, non deve essere apprezzata in riferimento immediato e diretto alle condizioni economiche dei nonni, sì da pretendere che i nipoti facciano il loro stesso tenore di vita. Invero, come sostenuto dalla Cassazione, soltanto nell´ambito della famiglia che suole oggi dirsi "nucleare´ in quanto costituita esclusivamente da coniugi e da figli minori o dirininque non ancora autonomi, la legge vuole che i mezzi economici disponibili siano messi tutti in comune e ripartiti in base all´unico criterio della più estesa solidarietà (in attuazione integrale del principio: "da ciascuno secondo le possibilità; a ciascuno secondo il bisogno"). Al di fuori di tale ristrettissima cerchia, la solidarietà familiare si attenua, sicché ciascuno dei congiunti, che di quella cerchia non faccia parte, ha diritto di riservare innanzitutto per sè i mezzi economici di cui disponga e di soccorrere gli altri solo in caso di bisogno somministrando i c.d. "alimenti". Tale istituto, disciplinato dagli aridi 433 – 448 (-cui, in sostanza, è assimilabile la disposizione dell´art. 148 a carico degli ascendenti, quanto meno sotto il profilo che anch´essa è subordinata ad una constatata insufficienza di mezzi economici, disposizione, ciononostante, certamente non superflua nella costruzione sistematica del diritto di famiglia, perché, anziché attribuire direttamente ai minori - sia pure rappresentati dai genitori, il diritto di chiedere un aiuto economico ai nonni, conferisce tale diritto direttamente ai genitori stessi, quasi a voler ribadire il loro ruolo assolutamente primario in relazione ai diritti e ai doveri versoi figli -) é, invero, la dimostrazione più chiara del riconoscimento sì, nel nostro ordinamento, anche di una famiglia in senso più ampio (costituita dai soggetti indicati appunto nell´art. 433 c.c.) con conseguenti vincoli di solidarietà, ma, al tempo stesso, di ben precisi limiti che quella solidarietà incontra in tale ambito allargato.
Conseguentemente, il livello del tenore di vita cui ogni minore ha diritto è dato soltanto dalle condizioni economiche dei propri genitori e non anche da quelle dei nonni.

Ciò posto, nell’ipotesi in cui i genitori siano oggettivamente sprovvisti dei mezzi sufficienti per provvedere al mantenimento della prole, e sia dunque possibile ricorrere all’aiuto economico dei nonni, la Suprema Corte stabilisce un ulteriore limite all’esigibilità dell’obbligazione degli ascendenti, legata alla loro concreta situazione economica.

Come ritenuto dalla Cassazione si possono, infatti, ritenere obbligati gli ascendenti quando le risorse economiche di cui dispongono sono sufficienti a soddisfare le proprie esigenze primarie di vita e quindi vi è un surplus che può essere destinato a contribuire al mantenimento dei nipoti. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha sostenuto che "sarebbe, infatti, assurdo, ritenere che le proprie disagiate condizioni economiche diano il diritto di pretendere un aiuto da chi versa in condizioni ancora peggiori o, quanto meno, uguali. Ovviamente la comparazione delle rispettive condizioni andrà fatta in un realistico criterio di relatività, nel senso che la insufficienza dei mezzi economici dei nonni andrà ritenuta sussistente solo se riguarda lo stesso livello di esigenze di vita considerate in rapporto ai genitori dei minori "(Cass. 23.3.1995, n. 3402).

3 Luglio 2017